HOME   PUBBLICAZIONI   ATTIVITA' CULTURALI   CANAVESE   PARLIAMO DI

libro1.gif (2435 byte)
<indietro

 

Paolo Buffo

AUTONOMIE INTORNO ALLA CIVITAS DI IVREA

Poteri comitali e nozioni del territorio   in   Canavese  fra Due e Trecento  


Prefazione

 

    Ci rende particolarmente soddisfatti e grati all’autore l’occasione di poter offrire ai soci ed agli studiosi di storia canavesana questo volume che permette di chiarire con precisione un periodo storico  finora indagato solo in parte nelle sue linee generali, gravato ancora da dubbi e incertezze.

  Un periodo, tra il Due e il Trecento, che dopo il disfacimento della vasta Marca Arduinica, che aveva in Ivrea la sua capitale, vede nascere il concetto stesso di Canavese come entità giuridica e territoriale.

  Gli storici che in passato si sono interessati di quest’epoca sono spesso stati tratti in inganno dall’incertezza delle fonti per la scarsità dei documenti, la loro difficile lettura e interpretazione, la consolidata tradizione locale che vedeva nel lignaggio comitale dei Valperga i successori unici e diretti di Arduino.

 

 L’odierna critica storica ha ormai riconosciuto nella quasi totalità dei diplomi signorili, pervenutici solo nelle copie di diverse redazioni, le abili interpolazioni aggiuntevi nel tempo dai vari trascrittori, anche di secoli posteriori, per non parlare di quelli ritenuti inaffidabili perché completamente falsificati per leggittimare il diritto di talune nobili famiglie a governare indiscusse sul Canavese.

 

  Gli eventi più importanti erano già conosciuti, almeno nelle linee generali e negli episodi più significativi: l’arrivo di un gruppo familiare dal Novarese, i conti di Pombia, che rivendicando la loro discendenza da Arduino occupano dapprima quella parte del territorio facente capo a Masino, assumono il predicato “de Canavise” ed estendono gradualmente il loro dominio a spese dei “signori primitivi” locali fino ad assumere il controllo di quasi tutto il territorio canavesano. Ad Ivrea e nell’immediato circondario sono invece i vescovi, successori di Warmondo, a far valere il titolo comitale, in perenne confronto e alterni equilibri con le nascenti istituzioni comunali.

 

  Poco chiari i rapporti giuridici tra le varie componenti, la loro evoluzione nel tempo, fondati su ipotesi e congetture ancora da dimostrare; basti pensare alle frequenti citazioni di “societates” tra le istituzioni cittadine ed i signori locali, sulle quali si è spesso enfatizzato per sottolinearne l’aspetto di concordia, che le indagini dell’autore hanno rivelato come stipulate tra personaggi spesso diversi tra loro, rappresentanti solo di parte del territorio, con finalità diverse e limitate nel tempo e negli scopi, non sempre effettivamente operanti. E’ comunque importante notare come i diversi sottoscrittori, funzionari della città e nobili locali, si presentino su un piano di sostanziale parità giuridica.

 

  La novità ed importanza di queste ricerche, alle quali l’autore  ha dedicato parecchi anni di studio, è legata al fatto che egli non si è limitato a prendere in considerazione solo i diplomi finora conosciuti, come già detto in gran parte inaffidabili, ma ha esteso la sua indagine critica ad una gran mole di altri documenti che erano stati ritenuti “minori” quindi trascurati ed inediti, reputati di scarsa importanza. Documenti che però nelle formule giuridiche e nei “titoli” dei contraenti hanno svelato all’occhio esperto il possesso o meno di taluni diritti, rapporti di subordinazione, esercizio di poteri più o meno ufficialmente riconosciuti.

  Punto di partenza e oggetto di indagine privilegiata sono stati i documenti contenuti nei regesti degli atti notarili dell’epoca ed in particolare quelli concernenti i rapporti tra il comune di Ivrea e l’episcopio sulla cogestione dei beni e diritti pubblici nel 1200-1300, argomento questo già oggetto della sua tesi di laurea discussa nel 2009 con il prof. Giuseppe Sergi; lo studio si è esteso agli altri documenti cittadini e vescovili, a quelli degli altri enti religiosi come Fruttuaria ed i monasteri urbani, a quelli signorili specie di Masino, infine a quelli principeschi dell’Archivio di Stato. Un’indagine vastissima che ha permesso di cancellare tanti falsi miti e rettificare tradizioni prive di fondamento.

 

  Altro indubbio pregio di quest’opera è l’aver appurato con certezza la genesi e successiva evoluzione dell’idea di Canavese, termine pressoché sconosciuto fino a quell’epoca almeno nella sua attuale accezione, che inizia ad essere utilizzato da alcuni signori per designare l’ambito geografico sul quale rivendicavano diritti esclusivi di giurisdizione. Questi, assumendo il predicato “di Canavese” intendevano presentare se stessi ed il loro lignaggio come unici e privilegiati interlocutori di tutto il territorio canavesano nei rapporti con gli altri poteri pubblici e le corti principesche, fornendo l’idea di un territorio compatto alle loro dipendenze per escludere tutti quegli altri soggetti che comunque potevano vantare degli altri diritti radicati localmente.

  Appare sempre netta la separazione tra il territorio di pertinenza della “civitas” eporediese giuridicamente dipendente da episcopio e comune, e la parte restante di pertinenza signorile, eccettuata l’isola fruttuariense dipendente direttamente dalla Santa Sede. Le stesse direttive di espansione sono orientate in direzioni diverse: mentre Ivrea tende a sviluppare la sua influenza lungo la via francigena, da un lato verso la Val d’Aosta e dall’altra verso Viverone entrando in diretta concorrenza con il comune di Vercelli,  i signori del Canavese, precocemente divisisi in Valperga e San Martino, tendono piuttosto a consolidare e unificare la loro giurisdizione su tutto il territorio eliminando le “enclaves” sparse degli altri nobili locali estranei al loro lignaggio, entrando poi tra loro in diretta contesa aderendo i primi al partito ghibellino ed i secondi a quello guelfo, contesa sfociata in guerra aperta.

  La distinzione è anche a livello concettuale: gli abitanti della “civitas” si definiscono esempre “eporediesi” e mai canavesani, fieri di appartenere ad una città sede vescovile e con istituzioni importanti, nelle quale le famiglie benestanti del Canavese vengono a chiedere il “cittadinatico” per godere dei privilegi cittadini. Lo stesso ponte che permette di attraversare la Dora , presente già in epoca romana, è denominato “ponte Canavese”  ad indicare la destinazione verso un territorio esterno rispetto alla città. Si deve comunque tener presente che per Canavese non si deve intendere tutto il territorio designato attualmente con questo nome ma riferirsi sempre al periodo storico preciso, date le variazioni anche notevoli nel tempo dei confini geografici.

 

  Notevole importanza riveste poi il capitolo sui rapporti nella città di Ivrea tra i vescovi, attenti a riconfermare i loro diritti comitali, e le nascenti istituzioni cittadine, alla ricerca di libertà e privilegi, con attriti particolamente evidenti nei periodi di vacanza della sede vescovile.

 

  Completa il volume un’appendice documentaria nella quale sono trascritti nel latino originale dieci documenti finora inediti relativi all’anno 1317 riguardanti l’ingresso di Cuorgné nei domini sabaudi e conservati nell’Archivio di Stato di Torino.  Contengono i verbali dei giuramenti di fedeltà dei conti di Valperga e dei nobili cuorgnatesi Silvesco e Dro al principe Filippo di Savoia.

  In questa stessa epoca anche Ivrea, dopo un breve periodo di dominazione dei Monferrato e degli Angiò, cade sotto la dominazione sabauda.

  La città di Ivrea ed il Canavese, relegato a territorio prevalentemente rurale, perdono la loro autonomia, entrando a far parte sempre più strettamente delle vicende politiche e delle avventure militari del ducato sabaudo che nel tempo, per razionalizzare il governo e l’amministrazione del territorio sempre più vasto, tende ad uniformare i proprii domini fondendo le due diverse realtà della “civitas” eporediese e del territorio canavesano.

 

Giovanni Bertotti

Ottobre 2013



HOME   PUBBLICAZIONI   ATTIVITA' CULTURALI   CANAVESE   PARLIAMO DI

pcrston.gif (1360 byte)